Città barocca con struttura a scacchiera collocata su
un altopiano montuoso, RAGUSA ha due identità ben distinte. Il terremoto
del 1693 distrusse molti centri abitati che vennero poi ricostruiti con una
struttura diversa, ma il caso di Ragusa è unico, poiché la città fu divisa in
due. La città vecchia di Ragusa Ibla, su uno sperone sopra la vallata,
fu rasa al suolo e, nel giro di pochi anni, fu edificata una nuova città
secondo una pianta a griglia sul crinale più alto a ovest, nota come Ragusa (o Ragusa
Superiore). Tuttavia, Ibla fu caparbiamente ricostruita dai suoi abitanti,
seguendo la vecchia struttura di strade medievali. La rivalità tra i due centri
continuò fino al 1926, quando le due città vennero ufficialmente riunite.
Il Giardino Ibleo
Corso
XXV Aprile scende
attraverso il cuore della città restaurata, oltre negozi che vendono occhiali
da sole firmati, raffinati gastronomie all’insegna dello “slow food”, gallerie
e wine bar. Ai piedi della città si stende il Giardino Ibleo, dove tutti
si recano per una passeggiata serale e per bere nei caffè dei dintorni.
Dall’orlo dello sperone su cui è adagiata la città si godono vedute
spettacolari, mentre le aiuole di violette fanno risaltare le rovine di tre
chiesette abbandonate. A destra dell’ingresso del giardino c’è il Portale di
San Giorgio, il portale gotico dell’antica chiesa con il rosone in pietra
raffigurante uno scheletrico San Giorgio che uccide il drago.
Se viaggiate in auto, nel qual caso potete dirigervi direttamente a Ibla, potreste mancare la città alta di Ragusa Superiore, che però è l’area in cui è concentrata gran parte dei negozi e dei servizi. E’ costruita su una pianta a scacchiera, con vi che si diramano a destra e a sinistra del ripido corso Italia, nei pressi del quale sorge il sobrio Duomo, ultimato nel 1774. Anche se la Ragusa barocca ha la sua parte di begli edifici, sembra che gli architetti si siano preoccupati soprattutto di creare strade il più dritte possibile, e la città offre panorami più belli nei punti in cui questa ordinata griglia di strade ad angolo retto è interrotta dalla gola, dove si scorge la nuda roccia sulla quale fu costruita.
Se scendete a Ibla a piedi, potete fare una sosta sul sagrato della chiesa restaurata del XV secolo di Santa Maria delle Scale (che mostra i resti un insolito pulpito esterno). Da lì si gode di una vista molto ampia sei tetti seganti dalle intemperie di Ragusa Ibla che si stendono sui versanti della sporgenza rocciosa, dominati dalla cupola della chiesa di San Giorgio. Dal sagrato una scalinata passa sotto la strada serpeggiata alla Chiesa del Purgatorio, da cui tortuosi vicoli riconducono nel cuore di Ragusa Ibla.
Corso Umberto I
La parte alta e la parte bassa di Modica sono delimitate da una lunga arteria principale, corso Umberto I, che in origine era un fiume che le autorità decisero di interrare dopo un’inondazione avvenuta nel 1902. Il corso è fiancheggiato da una serie di bei palazzi, i cui balconi sono sorretti da gargoyle, teste deformate e animali, mentre le chiese sono grandiose dichiarazioni d’intento barocche. Nella chiesa di San Pietro, per esempio, l’ampia scalinata incornicia le statue a grandezza naturale dei dodici apostoli.Modica Alta
La labirintica parte superiore della città, Modica Alta, mostra una certa genialità nella forma della magnifica facciata del XVIII secolo della chiesa di San Giorgio, degna rivale dell’omonima chiesa di Ragusa Ibla. Si pensa che l’architetto Rosario Gagliardi si l’artefice anche di questa chiesa. La facciata ellittica è sormontata dalla sua firma, una torre campanaria, mentre la via d’accesso è tipicamente ardita: una scalinata di due rampe gemelle sale a zigzag dalle strade in basso, terminando nella terrazza antistante la chiesa. Da qui, e dalle strette stradine sopra San Giorgio, potete girarvi a guardare le tegole grigie dei tetti e i balconi della città, su due versanti di una stretta valle. Altre vedute sono offerte dai ruderi del castello e dalla torre dell’orologio, appollaiati su uno sperone roccioso che sovrasta la città.Se associate l’arte del cioccolato alle Alpi svizzere o ai cioccolatieri di Parigi, ricredetevi. La cittadina barocca e vibrante di Modica, nella Sicilia più profonda, è l’inaspettato approdo di una tradizione dei maestri cioccolatai che ha inizio nell’America degli Aztechi. Nel sedicesimo secolo, quando i conquistadores spagnoli colonizzarono il Nuovo Mondo, incapparono in molti cibi nuovi, tra i quali una mistura si fave di cacao conosciuta come xocolatl. Era consumata così com’era, oppure mescolata con acqua per un drink. “Una tazza di questa miracolosa bevanda dà a ogni soldato la forza per marciare per un giorno intero”, riferiva all’imperatore Carlo V il conquistador Hernan Cortez. Aveva appena scoperto il primo energy drink d’Europa. Da questo secolo in poi, furono registrati i primi casi di dipendenza da cioccolato. Nel diciassettesimo secolo, in Europa il cioccolato, in tutte le sue forme, e le fave di cacao diventarono un gran business. Cercando un luogo adatto in cui coltivare cacao e produrre cioccolato più vicino alla propria patria, gli spagnoli si stabilirono a Modica. Qui non solo il clima era simile a quello del Sud America, ma ovunque si trovavano massi di lava, significava che la fava poteva esser interrata secondo l’autentica maniera Azteca. Modica divenne ricca e i suoi abitanti aristocratici noti per la loro stravaganza decadente, mangiavano per empio lepre cotta nel cioccolato o gli ‘mpanatigghi, dei biscotti ripieni di carne, cioccolato e spezie, che potete gustare ancora nella via principale di Noto.
Le signore di Modica iniziarono a bere cioccolata calda in chiesa, durante la messa, sostenendo che servisse come prevenzione dagli svenimenti. Il loro prete non si fece impressionare e condannò la pratica in quanto violava il digiuno. Come dichiarano gli stessi modicani, quest’ultimo fu eliminato con una tazza di cioccolata avvelenata. Per evitare ulteriori litigi fomentati dal cioccolato, nel 1662 l’arcivescovo di Siracusa decise di consultare il papa. “Liquidum non frangit jejunum”, fu la sua risposta. “I liquidi non interrompono il digiuno”. I bevitori di cioccolata avevano vinto.
Nel diciottesimo secolo l’impero spagnolo decadde ma l’amore di Modica per il cioccolato rimase. I venditori di cioccolato, conosciuti come ciucculatari, spingevano dei carri colorati attraverso quartieri più ricchi della città. A bordo si trovava un braciere a carbone, pestello e mortaio in pietra lavica, scorte di fava di cacao tosate, zucchero, vaniglia, cannella e spezie. La cioccolata veniva preparata a richiesta sul posto. Macinavano le fave e le mescolavano con lo zucchero e spezie per insaporire, dopodiché scaldavano questa polvere finché non si scioglieva il burro di cacao. Il cioccolato fuso veniva versato in una formina e lasciato lì affinché indurisse. Se qualcuno, ispirato dalla storia di Modica, volesse cercare di farsi a mano il cioccolato è possibile provare alla Casas Cio Mod. Se non avete tempo per questo, cercate la fabbrica di cioccolato più antica della Sicilia, l’Antica Dolceria Bonajuto in corso Umberto I, 159 che è attiva dal 1880. Il negozio con le vecchie vetrine espositive è una meraviglia, e prima dell’acquisto si possono degustare i vari tipi di cioccolato dai graziosi piattini per gli assaggi posti sul bancone.Piazza Italia
Vicinio a piazza Italia c’è uno dei capolavori barocchi di Scicli, Palazzo Beneventano, che mostra spettacolari volti deformati da ghigni grotteschi, con lingue penzolanti e teste calve sotto i balconi e aggrappati ai muri. Dietro il palazzo, sorge la chiesa barocca, voluttuosamente sinuosa, di San Bartolomeo, alle cui spalle si innalza una parete calcarea. Proseguendo, vi ritroverete nel dedalo della città vecchia, abbarbicata alle pendici della gola, con case talvolta quasi indistinguibili dalle caverne naturali. Nonostante molte abitazioni siano abbandonate, l’area non è affatto deserta e parecchi edifici sono in restauro.
Via Mormina Penna
Via Mormina Penna è il gioiello di Scicli, la via sogno di ogni scenografo. E’ costeggiata da esuberanti chiese e palazzi barocchi scrupolosamente restaurati, fra cui il Municipio, che si apre su una meravigliosa scalinata scultorea che compare in tutti gli episodi de Il commissario Montalbano come quartier generale della polizia. Altri punti d’interesse sono il palco in ferro battuto e filigrana, una antica farmacia che, pochi anni fa, ha riscoperto il proprio magazzino intatto dalla chiusura negli anni Settanta, e la chiesa di San Giovanni. Questo edificio ospita il sorprendente Cristo di Burgos, un quadro che rappresenta il figlio di Dio vestito con quella che sembra essere una lunga gonna bianca. Risalente al XVII secolo, proviene dalla città spagnola di Burgos, dove rappresentare Cristo in gonna (in realtà un sudario) era comune, ed è stato donato alla città da un nobile spagnolo.Quando fu il momento di girare la serie de Il commissario Montalbano, il regista Alberto Sironi decise di ricreare la Sicilia di Cammilleri nella provincia di Ragusa. Lontano dallo sviluppo urbanistico aggressivo che ha rovinato molti centri, i paesi del Ragusano sono tuttora quella parte della Sicilia dove gli antichi valori e il modo di vivere rimangono intatti. E sono anche bellissimi: architetture barocche diroccate; un panorama di muri a secco di rocce calcaree cotte dal sole; un tratto di costa con infinite distese di spiagge sabbiose, torri Sveve, fari erosi e architetture industriali evocative.
La casa di Montalbano della fiction si trova a Punta Secca, una modesta frazione sul mare piena di case-vacanza nel comune di Santa Croce Camerina. La casa, oggi conosciuta come quella di Montalbano, è un B&B. Montelusa, il capoluogo, è il risultato di un montaggio di diversi paesi del Ragusano. Piazza del Duomo, per esempio, è una piazza di Ragusa Ibla, con il suo suggestivo Circolo di Conversazione neoclassico, mentre il ponte spettacolare che attraversa la gola si trova a Ragusa Superiore. La strada principale di Montelusa è in realtà Via Mormina Penna, a Scicli, un piccolo paese di provincia che presta il Municipio, che nella finzione è il commissariato, anche ad altre serie televisive poliziesche, oltre a diversi palazzi e chiese, tra cui la sorprendente chiesa di San Bartolomeo situata ai piedi di una collina in roccia calcarea.
Per trovare altre scene del crimine, dirigetevi a Grotta delle Trabacche, fuori Ragusa, dove una rete di cunicoli e tunnel cela la tomba dei due amanti ne Il cane di terracotta, oppure alle rovine delle murature ottocentesche, Fornace Penna, incredibilmente situate all’inizio della spiaggia di Sampieri, vicino Scicli, il posto preferito dai farabutti di Montelusa nella serie televisiva.
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